L’ingiustizia di fare parti uguali fra disuguali

Consiglio Generale degli Italiani all’Estero Segretario generale

Non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali

Nell’aula del Senato della repubblica italiana il 7 febbraio è stata approvata la proposta di legge di modifica costituzionale per la riduzione del numero dei deputati da 630 a 400 e del numero dei senatori eletti da 315 a 200. Il provvedimento approvato, recante modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero di parlamentari seguirà il percorso e passerà al vaglio della Camera dei deputati.

Si è consumato un copione il cui esito era scontato per l’inequivocabile forza dei numeri esistente tra le forze di maggioranza e quelle di opposizione. Trattandosi di una modifica tendente a riformare alcuni principi della costituzione italiana, era viva e rimane l’attesa per un dibattito alto e qualificante, nel quale i principi della democrazia, gli aspetti peculiari della democrazia rappresentativa e parlamentare dovrebbero esulare dalla contingenza politica per essere, invece, proiettati al futuro del nostro paese, nel quale le regole devono garantire tutti i cittadini, quelli di maggioranza e quelli di minoranza, quelli residenti in Italia e all’estero.

Sull’altare dell’efficienza e dei costi è stata immolata la composizione numerica della rappresentanza, per ridurla del 35 percento, che i padri costituenti, invece, avevano volutamente definitivo per portare nel Parlamento la voce dei cittadini di tutti i territori, le sensibilità delle persone, l’empatia e la speranza, che avvicinano i cittadini alle istituzioni e concorrono a costituire e costruire giorno dopo giorno l’unità nazionale. La democrazia ha i suoi costi e va preservata per garantire i cittadini.

Nel dibattito generale di Palazzo Madama molti senatori hanno votato rispondendo espressamente alle consegne di partito, disattendendo l’articolo 67 della costituzione, altri hanno esposto le ragioni che differenziano i parlamentari eletti nel territorio nazionale da quelli residenti nella circoscrizione estero. A distanza di 13 anni dall’entrata in parlamento della rappresentanza eletta nella circoscrizione è frustante e incomprensibile ascoltare ancora pregiudizi, da parte di chi considera 6,000,000 di cittadini residenti all’estero alla stregua di una riserva indiana, nella quale a loro dire imperversano i brogli e gli imbrogli, e quindi abusivi e indegni di sedere in parlamento. Come sono ingiustificabili le dichiarazioni di alcuni dei 18 parlamentari eletti nella circoscrizione estero, in palese contrasto con il mandato di rappresentanza conferitogli per tenere vivo e saldo il legame tra le comunità italiane all’estero e il Bel Paese e esercitarlo per rinnovare gli aspetti culturali, economici e commerciali dell’Italia nel mondo.

Nel dibattito al Senato è emerso che la presenza in parlamento di un numero adeguato di eletti nella circoscrizione estero è sopportata e tollerata, non sembra scontata, tanto ovvia che sembra scandalosa, sovversiva, scomoda perché toglie posti ai partiti nazionali, mentre é certamente innovativa persino al giorno d’oggi, in un’epoca in cui in Europa sono scomparse le frontiere e i muri e gli italiani all’estero esercitano un fascino e una tendenza di promozione del nostro paese.

A fronte del risultato espresso dal Senato sulla riduzione dei parlamentari e scongiurare il taglio della nostra rappresentanza, gli italiani nel mondo si aspettano, dai 18 parlamentari e dal sottosegretario per gli italiani nel mondo eletti nella circoscrizione estero, un soprassalto di autostima ed un’iniziativa politica unitaria per mantenere la quota prevista oggi nella costituzione. In questo difficile momento l’appartenenza partitica è subordinata agli interessi dei cittadini italiani all’estero.
Riconoscere la nostra giusta presenza quantitativa e qualitativa serve all’Italia per impedire di far parti uguali tra disuguali, ma soprattutto di far raggiungere ai disuguali gli stessi obiettivi degli uguali.

Michele Schiavone